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Scienza e antropologia

Aggiornamento: 23 mag 2023

Giovedì 30 marzo alcune classi del Liceo Scientifico hanno avuto la possibilità di partecipare alla conferenza tenuta dalla Dott.ssa Michela Sarlo nell’aula magna dell’istituto, avente come oggetto le relazioni tra alimentazione, percezione cerebrale ed emozioni.

Sebbene l’incontro sia stato presentato come dibattito divulgativo di natura scientifica sui meccanismi cerebrali che determinano il sapore di un cibo, è divagato spontaneamente verso una riflessione più ampia sulle percezioni primordiali dell’uomo. Infatti, la Dottoressa ha iniziato la conferenza argomentando le modalità con cui il cervello umano si sia evoluto nel corso della storia, individuando dei canoni costanti che possano assicurare la scelta di alimenti nutrienti piuttosto che nocivi. Sebbene il “mangiare” venga considerata un’azione del tutto fondamentale e naturale, il suo svolgimento fisiologicamente corretto si è potuto realizzare grazie all’accumulo di esperienze sensoriali, poi rielaborate dalle cortecce cerebrali.

Il cibo è innanzitutto un oggetto estraneo al corpo ed in quanto tale deve essere prima percepito, successivamente analizzato e poi ingerito. L’individuo che si alimenta effettua una serie di controlli mediante i sensi del gusto, del tatto, della vista, dell’udito e dell’olfatto. Infatti, il sapore è il prodotto finale delle singolarità provenienti da ogni sfera sensoriale, e non solamente dal gusto. Se quest’ultimo è necessario alle percezioni gustative quali il dolce, l’acido, il salato, l’amaro o l’umami (specifico delle carni e dei formaggi), il tatto è altrettanto determinante nella finale elaborazione del sapore, in quanto denota le consistenze, le forme e localizza il gusto all’interno della bocca. La vista è rilevante per ciò che riguarda le informazioni primarie che riceviamo dai cibi, anche se la facoltà più influente risulta essere l’olfatto che caratterizza, nel caso in cui l’odore di un alimento provenga dalla deglutizione, l’ottanta per cento del sapore.

Tramite gli stimoli nervosi, le singole percezioni giungono a differenti cortecce cerebrali per poi confluire nelle regioni principali dell’encefalo: l’insula e la corteccia orbitofrontale dove il sapore di un cibo viene costituito quasi come per somma algebrica.

Il contorno di tale riflessione è che tutto ciò che può essere percepito dai sensi, anche se non è parte dell’alimento, ne influenza il sapore indirettamente: l’esempio più caratterizzante è il colore dei cibi. Se due succhi d'arancia di diverse sfumature di rosso venissero servite alla stessa persona, il loro sapore sarebbe diverso poiché il rosso, essendo una tonalità capace di trasmette inconsciamente una sensazione di dolcezza, garantisce un sapore più pieno nel caso in cui sia particolarmente scuro. Si potrebbe azzardare a dire che esistano delle verità inoppugnabili su come il soggetto percepisca l’oggetto: il rosso trasmette energia e dolcezza, il verde acidità; mentre sulle modalità di elaborazione di tali informazioni è proprio la scienza ad indagare, affidandosi alle potenzialità del sistema nervoso. Ecco che l’analisi della visceralità dell’uomo si è amalgamata con l’elaborazione scientifica, razionalizzando gli studi antropologici sulle sensazioni.

Eppure, il fulcro è stata l’emozione. Infatti, quando le sensorialità affluiscono sulle cortecce principali, il prodotto cioè il sapore, è anche il risultato dell’influenza dei ricordi, delle preferenze, degli stimoli, delle emozioni relative a tale cibo. Il sapore è influenzato dalle emozioni e viceversa. Una sensazione di leggerezza può essere derivata dall’assunzione di cioccolato, anzi è spontaneo per i neonati, come per i topi o per le scimmie, estrarre la lingua per assimilare lo zucchero se gliene viene versata una piccola quantità sulle labbra. Dall’altra parte, quando proviamo emozioni intense non abbiamo fame poiché l’organismo concentra le proprie attività verso la risoluzione del problema che ha causato lo stato di malessere, provocando l’inattività gastrica. Se siamo gioiosi prediligiamo assumere cibi sani, se siamo tristi ci affanniamo alla ricerca del cosiddetto “comfort food” ossia cibo ricco di grassi, di zuccheri o di carboidrati che possano garantirci benessere mediante processi fisiologici o emotivi.

La scelta del cibo da mangiare è influenzata tanto dai sensi quanto dalle emozioni, i quali sono a loro volta determinabili da ciò che mangiamo: la decisione finale deve garantire l’equilibrio delle dimensioni psico-emotive e fisiche dell’individuo.

Samuele Santamaria 4C


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